mercoledì 27 agosto 2008

Intervista al prof. Gaspare Baggieri sugli scheletri dei guerrieri rinvenuti nel castello di Squillace

di Salvatore Taverniti

SQUILLACE - Continua sostenuto il flusso turistico al museo del castello di Squillace. Nel mese di agosto, infatti, sono state centinaia le persone che hanno visitato la “sala dei Guerrieri”. Dalla sua apertura ormai si è oltrepassata la soglia delle duemila presenze. L’esposizione dei reperti, gli scheletri attribuiti a due guerrieri del XII secolo, ha suscitato un richiamo al di là delle aspettative, incuriosendo anche autorità ed esponenti del governo nazionale. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi, in visita a Squillace, accompagnato dal sindaco Guido Rhodio ed altre autorità, ha visitato il museo del castello soffermandosi con ammirazione e stupore ed esprimendo i suoi complimenti per l’interessante iniziativa. L’ideazione scientifica progettuale è stata eseguita da Gaspare Baggieri, antropologo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, al quale, non nuovo a questo genere di risultati, raggiunto telefonicamente, abbiamo chiesto quale sia la ricetta per destare simili interessi. “Per ogni evento c’è una ricetta specifica – ci ha confessato - per le trattazioni dei reperti umani, siano esse mostre, conferenze, convegni, fin da subito si deve lavorare per distinguere correttamente i valori etici, didattici, scientifici e culturali”.
Per Squillace come si è mosso?
“Nel caso specifico, il messaggio che scaturisce da un evento simile doveva arrivare ai destinatari con garbo e anche con una carica di riflessione che accompagnasse ancora qualche minuto, usciti dal museo, il pensiero dei visitatori. Pare che ci siamo riusciti”.
Cos’è che colpisce il visitatore?
“La sintesi espositiva, cioè il canale di trasmissione, gioca il ruolo fondamentale. Questa fase deve necessariamente essere testata (materiali scelti, dimensioni, colori, assemblaggi tecnici, ecc.); il risultato finale deve quasi sempre essere la conciliazione delle aspettative rilevate. In poche parole un linguaggio semplice che arrivi a tutti”.
E dei volti dei due individui?
“Le scelte, ovviamente, sono maturate da un gruppo di lavoro ben motivato. Ad esempio, la ricostruzione dei volti, eseguiti dal maestro scultore Gabriele Mallegni, che ha tradotto i dati scientifici dei punti anatomici dei crani forniti dal prof. Francesco Mallegni hanno rappresentato un’ineludibile testimonianza che doveva arricchire il contesto espositivo. I calchi, così come il restauro delle ossa, ed i pannelli descrittivi, hanno impegnato non poco: le scelte operate ci hanno premiato. Infatti, è stata raggiunta la sobrietà solenne del contesto che ci eravamo prefissati”.
Poca informazione promozionale è stata fatta, eppure è continua la presenza dei visitatori...
“Il luogo incantevole, il castello con i suoi ruderi e il contributo della cittadinanza sono l’ urlo di risonanza fatto dal silenzio e dall’orgoglio che si deve ai propri antenati: forse è questa la vera ricetta. E poi la Calabria e la sua gente bella ed estremamente sensibile”.
A quanto pare lei si intende di comunicazione?
“Ho avuto la fortuna di essere stato selezionato dal Ministero qualche anno fa per un perfezionamento in comunicazione pubblica svolto per due anni alla scuola superiore della Pubblica Amministrazione di Bologna. Tra gli argomenti trattati, alcuni affascinanti legati proprio al modo di fare informazione culturale”.
Delle esperienze passate che cosa l’ha colpita di più?
“Nel corso della mostra ‘Mater, incanto e disincanto d’amore’, tenutasi a Roma nel 2000, un alto prelato arrivò defilato con il suo autista, sostò nella sala dedicata all’abbandono dei bambini per più di un quarto d’ora, per allontanarsene commosso. La cosa mi colpì molto”.
Delle sue esperienze di lavoro, quali apprezzamenti le sembrano significativi?
“Alcune recensioni sull’Osservatore Romano, e sicuramente i complimenti di diverse note personalità”.
Come passa il tempo libero?
“Mi piacciono i film del dopoguerra, una miniera di informazioni su come eravamo, come erano i nostri luoghi, le nostre città, vere pagine di poesia universale, scritte dalla sofferenza. ‘Sciuscià’, che ebbi modo di commentare nel 2005 in una proiezione al Ministero dei Beni Culturali, descrive bene il mio intendimento”.

Gli scheletri dei guerrieri di Squillace

Le mura del castello - (Le foto del castello sono di Laura Za)

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